Gli italiani morti nella «Marzabotto» franceseClea, Lucia e i 7 ragazzi trucidati dai nazisti
642 le persone uccise nel 1944 nella Strage SS a Oradour-sur-Glane
Gli italiani morti nella «Marzabotto» francese
Clea, Lucia e i 7 ragazzi trucidati dai nazisti
Tra le vittime almeno 9 italiani, tra cui una madre con 7
dei suoi figli. Nomi dimenticati. E scovati da uno storico.
La Procura militare di Roma apre un'inchiesta
Oradour-sur-Glane: il 10 giugno 1944 i nazisti uccisero 642 persone. Da allora il villaggio non è stato più abitato. E rappresenta una
sorta di monumento alla memoria
Italiani uccisi nel corso di un efferato eccidio nazista, a Oradour-sur-Glane, vicino Limoges, nel Sud-Ovest della Francia. Tra le vittime una donna, Lucia Zoccarato, e sette dei suoi nove figli:
Bruno, Antonio, Armando, Luigi, Anna Teresa, Marcello e Giovanni. Poi un’altra donna: Clea Lusina, figlia di un antifascista fuoriuscito. Le altre due figlie di Lucia - Orfelia e Angela - si
salvarono perché quella mattina del 10 giugno 1944 - quattro giorni prima gli Alleati erano sbarcati nella non lontana Normandia - stavano lavorando in campagna, fuori dal borgo. Anche il marito
di Lucia, Giuseppe Antonio Miozzo, sfuggì alla morte. Era un carabiniere, venne preso prigioniero dai tedeschi dopo l’8 settembre. Si rifiutò di aderire alla Rsi. Per questo rimase internato in
Germania sino alla fine della guerra. Solo allora seppe della sorte della sua famiglia. Inghiottita in quella strage feroce - identica a decine di altre, Marzabotto, Sant’Anna di Stazzema, via
Rasella - in cui perirono 642 persone. Donne, bambini, anziani. Una mattanza. Trucidati da raffiche di mitragliatrice come stessero davanti a un plotone di esecuzione. Dilaniati da granate
esplose dentro una chiesa, dove a centinaia avevano cercato la speranza di un inutile riparo.
Da sinistra, Lucia
Zoccarato, suo marito Giuseppe Antonio Miozzo, e Clea LusinaCONDANNATI IN FRANCIA - Per l’eccidio vennero processati in Francia, nel 1953, una ventina di
imputati, tra militari tedeschi e alsaziani arruolati nelle SS: vi furono due condanne a morte, 12 ai lavori forzati, 6 condanne a pene detentive e una assoluzione, ma una successiva amnistia
commutò le esecuzioni e permise la scarcerazione degli altri condannati. Le indagini sono state riaperte di recente anche in Germania e, la scorsa settimana, la procura di Dortmund ha incriminato
un ex militare tedesco di 88 anni. Ma adesso c’è pure un’inchiesta avviata dalla Procura militare di Roma che vuole accertare identità e numero delle vittime italiane coinvolte nell’eccidio. Un
modo - è l’obiettivo del procuratore Marco De Paolis - per ridare un nome, un cognome e giustizia a degli italiani dimenticati, vittime del nazifascismo.
La memoria dell’eccidio nel villaggio-fantasma in Francia
LA RICERCHE DEL DOCUMENTARISTA ITALIANO - Un fascicolo aperto anche dopo il poderoso lavoro di ricostruzione storica firmato da Mario
Vittorio Quattrina, scrittore, regista e autore di numerosi documentari storici per la Rai. E’ lui ad aver ripercorso - in una ricerca condotta ascoltando e filmando decine di testimonianze - la
saga drammatica di questa famiglia emigrata in Francia da Padova - attorno a Limoges c’era una specie di colonia veneta, tutti muratori e falegnami - nel 1927 con i primi tre figli. E appunto:
lei, Lucia, nata a Campodarsego il 25 luglio 1904. Lui, Giuseppe, ex carabiniere, poi manovale Oltralpe. Richiamato dall’Arma allo scoppio della guerra. Poi quella scelta di restare fedele al
giuramento prestato al Re, di non aderire al fascismo. E la prigionia. Solo dopo il 1945 gli dissero che aveva perduto moglie e 7 figli. Ma gli fornirono una spiegazione apparentemente più
sopportabile: tutti periti sotto le bombe. Tempo dopo, prima che morisse nel 1953, ebbero il coraggio di raccontargli quell’orrore come davvero si materializzò.
MUSEO A CIELO APERTO - Oradour-sur-Glane oggi è qualcosa di molto simile a un museo a cielo aperto. Dopo quell’eccidio nessuno tornò ad
abitare in quel posto maledetto. Il villaggio - fu l’ordine di Charles De Gaulle che in questo modo volle farne un monumento - non venne ricostruito. Case diroccate, i segni delle pallottole sui
muri pericolanti, tutto è rimasto come allora. In più, come in una specie di Spoon River che testimonia l’atrocità di quel giorno, ci sono centinaia di lapidi. Quelle toccate con mano il 4
settembre 2013 dal presidente tedesco Joachim Gauck - il primo leader tedesco a compiere un gesto del genere - che visitò il paese per rendere omaggio alle vittime, assieme a un sopravvissuto e
al presidente francese Francois Hollande.
LE SS INCRIMINATE - «Incriminati della strage furono le SS del reggimento «Der Fuhrer» della divisione corazzata «Das reich» che in
quei giorni subì - ricorda Quattrina, autore di una ricerca sui militari italiani coinvolti nei fatti bellici in Normandia - diversi attacchi da parte dei partigiani. In uno di questi venne
rapito e ucciso un ufficiale. La sua morte venne scoperta il 9 giugno e, subito, scattò la rappresaglia. Il primo paese che si trovava sulla strada delle SS era appunto Oradour-sur-Glane, vicino
a Limoges, nel sudovest della Francia.
LA STRAGE - I nazisti fecero un rastrellamento, ordinarono agli abitanti di radunarsi nella piazza, parlando di un «controllo di
documenti». Invece gli uomini vennero condotti in alcuni granai e trucidati a colpi di mitragliatrice, mentre donne e bambini furono arsi vivi all’interno di una chiesa che prese fuoco dopo
l’esplosione di alcune bombe. «Presumibilmente Lucia morì nella chiesta - racconta Quattrina che presenterà il suo documentario « totalmente autofinanziato» il 25 aprile - abbracciata ai figli».
Ma non c’è certezza. Di lei e dei suoi figli, come di Clea, restano solo quelle foto ingiallite esposte in una lapide a Oradour. Così il tempo - quasi settant’anni sono passati dalla strage - ha
voluto conservare questo esile filo di memoria.
Stragi naziste, inchiesta su italiani uccisi in Francia
A Oradour-sur-Glane uccise 642 persone, fra questi una donna e i suoi 7 figli. Indaga pm militare
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ROMA - La procura militare di Roma ha aperto un'inchiesta sull'uccisione di alcuni italiani da parte dei nazisti in Francia nella strage
di Oradour-sur-Glane, durante la Seconda guerra mondiale. Il procuratore Marco De Paolis sta studiando le carte sull'eccidio nel quale furono trucidati 642 civili tra cui una
emigrante italiana e sette dei suoi nove figli. Qualche giorno fa, un uomo di ottantotto anni di Colonia, indicato come Werner C, è stato giudicato colpevole dalla corte tedesca di
Dortmund, per aver partecipato ad uno dei peggiori massacri commessi dalle SS di Hitler nella Francia centrale, nel 1944. Questo villaggio da allora è stato preservato a memoria delle
642 vittime dei nazisti.
I fatti risalgono al pomeriggio del 10 giugno 1944, quattro giorni dopo lo sbarco anglo-americano in Normandia. Responsabile della strage il reggimento "Der Fuhrer" della 2/a
divisione corazzata SS "Das reich". In quei giorni la divisione subì diversi attacchi da parte dei partigiani, in uno dei quali venne rapito e dopo alcuni giorni ucciso un ufficiale.
La morte venne scoperta il 9 giugno dai soldati tedeschi e scattò la rappresaglia.
Una strage che ricorda quella di Sant’Anna di
Stazzema, quando nel 12 agosto ’44, i nazisti trucidarono 560 persone. Il primo paese che si trovava sulla strada delle SS era Oradour-sur-Glane, vicino a Limoges, nel sudovest
della Francia. I nazisti fecero un rastrellamento, ordinarono agli abitanti di radunarsi nella piazza, parlando di un "controllo di documenti". Invece, gli uomini vennero portati in
alcuni granai e trucidati a colpi di mitragliatrice, mentre donne e bambini furono arsi vivi all'interno di una chiesa che prese fuoco dopo l'esplosione di alcune bombe.
Tra le persone uccise anche alcuni italiani, che il procuratore Marco De Paolis, come primo atto dell'inchiesta appena avviata, vuole formalmente identificare. Dai documenti già
acquisiti risulta che tra le vittime vi fu Lucia Zoccarato e sette dei suoi nove figli. A Oradour-sur-Glane c'è anche la loro lapide, accanto a centinaia di altre. Lucia Zoccarato era
emigrata in Francia nel 1927, insieme al marito Giuseppe Antonio Miozzo, che scampò al massacro perché si trovava in Germania in prigionia, e ai loro primi tre figli. La famiglia era
originaria di San Giorgio delle Pertiche, nel Padovano.
Nel 1953, per la strage vennero processati in Francia una ventina di imputati, tra militari tedeschi e alsaziani arruolati nelle SS. Vi furono due condanne a morte, 12 ai lavori
forzati, 6 condanne a pene detentive e una assoluzione, ma una successiva amnistia commutò le condanne a morte e permise la scarcerazione degli altri condannati. Le indagini sono
state riaperte di recente anche in Germania e, nelle settimane scorse, la procura di Dortmund ha incriminato in relazione alla strage un ex militare tedesco di 88 anni. Nell'inchiesta
aperta dal procuratore militare De Paolis, secondo quanto si è appreso, allo stato non vi sono ancora indagati.
Finita la guerra il paese non fu ricostruito e venne lasciato come un museo a cielo aperto, per conservare la memoria di quella strage, diventata un simbolo della barbarie nazista.
Oggi le uniche discendenti della donna uccisa insieme ai figli Bruno, Antonio, Armando, Luigi, Anna Teresa, Marcello e Giovanni, sono le figlie di Ofelia e Angelina. Si tratta
delle uniche due figlie della donna, morte poi negli anni '70, salvatesi dalla strage assieme al padre, Giuseppe Antonio Miozzo.
Sull'eccidio che si portò via la mamma padovana con sette dei sui 9 figli (Bruno, Antonio, Armando, Luigi, Anna Teresa, Marcello e Giovanni) c'è ora anche un documentario, 'Il Fuoco
sopra gli Angeli', realizzato dal regista veronese Mauro Vittorio Quattrina, che uscirà a maggio. Quattrina in questi anni è stata l'unica persona a cercare di riportare alla memoria
in Italia quella strage di sessant'anni fa, raccogliendo informazioni e testimonianze che rischiavano di andare perdute.
mercoledì, 15 gennaio
Verona, un documentarista veronese fa aprire l'inchiesta militare sulla strage nazista
Un lavoro di un anno e mezzo del regista Mauro Vittorio Quattrina per realizzare il docu-film "Il fuoco sopra gli angeli" che racconta l'eccidio dove persero la vita la padovana Lucia
Zoccarato e sette dei 9 figli
La Procura militare di Roma ha aperto un'inchiesta sulla srage nazista di Orodur-Sur-Glane, in Francia. C'era un pezzo di storia italiana (e veneta) dell'emigrazione che rischiava
di finire nel dimenticatoio per sempre dentro il terribile episodio nel paesino d'Oltralpe. Un eccidio che, con quelle di altre 634 persone, si portò via le vite dell'emigrante
veneta Lucia Zoccarato, e di 7 dei suoi 9 figli: Bruno, Antonio, Armando, Luigi, Anna Teresa, Marcello e Giovanni. Di quella famiglia padovana, originaria di San Giorgio delle Pertiche e
finita in Francia nel 1927 per lavorare nei campi, si salvarono dai mitra e dal fuoco delle SS soltanto il papà, Giuseppe Antonio Miozzo, in quei mesi prigioniero in Germania, e due
figlie della coppia: Angelina e Orfelia. Le donne (poi morte negli anni '70) rimasero in Francia, dove ebbero a loro volta una figlia ciascuna, oggi le uniche discendenti della famiglia.
La storia di Lucia e i suoi sette figli sterminati dai nazisti, per rappresaglia dopo l'omicidio di un ufficiale germanico, rispunta ora con l'inchiesta di Roma ha deciso di aprire sulla
vicenda.
Ma anche grazie ad un documentarista veronese, Mauro Vittorio Quattrina, che nell'ultimo anno e mezzo ha raccolto notizie, documenti e immagini dei testimoni di quell'eccidio di
70 anni fa, per dedicare una sorta di 'orazione civile' a questa famiglia italiana. Quattrina, che in Francia ha potuto parlare con le nipoti di Lucia Zoccarato, recuperando i
ricordi delle loro mamme (le uniche salvatesi con il padre), sta ultimando il montaggio de "Il fuoco sopra gli angeli", il docu-film che presenterà in anteprima a San Giorgio delle
Pertiche il prossimo 25 aprile, al più tardi nei primi giorni di maggio. "Il mio obiettivo - spiega Quattrina - è che possa essere ricordata la storia di questi italiani, veneti, che
hanno scritto una pagina tragica della nostra emigrazione ma sono stati dimenticati dalla nostra storiografia". Giuseppe Antonio Miozzo rientrò in Italia dalla prigionia nell'autunno del
'45. Qualcuno, pietosamente, gli disse che la sua famiglia, tranne le due ragazze, era rimasta sotto un bombardamento. L'uomo, che poi si risposò, seppe tutta la verità qualche
anno dopo. Le due sorelle scappate alla follia delle SS, racconta Quattrina sulla base delle testimonianze raccolte, si salvarono perchè quel giorno non erano a Oradur-Sur-Glane.
Angelina si era sposata da poco, e con il marito era andata ad abitare poco distante, mentre Orfelia era operaia in un guantificio a Saint Julienne, e si trovava al lavoro. Quando
tornarono a casa non trovarono più nulla e nessuno. Oggi le loro due figlie vivono a Parigi e a Limoges. In Italia, a San Giorgio delle Pertiche, sono rimasti solo lontani parenti della
secondo moglie di Miozzo. L'uomo morì nel paese natale nel 1954, ed è tuttora sepolto nel cimitero della frazione di Cavino.
Quando Quattrina è arrivato nei mesi scorsi a San Giorgio per girare delle immagini del documentario alcuni anziani si sono ricordati con dolore del terribile destino della
famiglia Miozzo-Zoccarato. Anche il Comune, spiega l'assessore alla cultura Davide Scapin, che si è attivato in tutti i modi per aiutare la produzione del documentario, vuole
ricordarla in modo adeguato, intitolando una strada del paese ai 'Martiri di Oradur-Sur-Glane'. Assieme al sindaco di San Giorgio, Catia Zorzi, Scapin è stato invitato dalle autorità
francesi a partecipare nel luogo dell'eccidio alla cerimonia dei 70 anni della strage, che si terrà il prossimo 10 giugno.
LA STORIA La strage nazista che spazzò via Lucia e i suoi sette figli
Era emigrata in Francia con il marito, il 10 giugno 1944 fu vittima della rappresaglia tedesca. La tragica vicenda diventerà un film
SAN GIORGIO DELLE PERTICHE. Una famiglia di emigranti padovani trucidata in Francia dai nazisti insieme ad altre seicento persone, il dramma di una madre uccisa nella chiesa del paese mentre
teneva stretti a sé sette dei suoi nove figli, accanto alle donne e ai bambini del villaggio di Oradour-sur-Glane. Dopo quasi settant’anni torna a galla una storia tragica e crudele di
emigrazione e di guerra, paradigma del Novecento, che ha fra i suoi sfortunati protagonisti dei padovani. Un regista veronese si è messo sulle tracce dei discendenti di Giuseppe Antonio Miozzo
(nato a San Giorgio delle Pertiche il 3 settembre 1903 e morto a Camposampiero nel 1954) e di Lucia Zoccarato (nata a Campodarsego il 25 luglio 1904), emigrati in Francia con i primi tre
figli nel 1927, per girare un documentario che racconti la loro storia, dalle difficoltà di trovarsi in un paese straniero e sfamare una famiglia numerosa, all’orrore della guerra che ha
sterminato la famiglia. In questi mesi il regista Mauro Vittorio Quattrina, autore di numerosi documentari storici, ha raccolto informazioni e dati anagrafici, ora cerca testimonianze nel
padovano. «In Italia si sa ben poco della strage Oradour-sur-Glane» spiega «un isolato paesino del centro della Francia.
È il 10 giugno 1944, alcuni giorni dopo lo sbarco in Normandia, quando il 4º Reggimento Panzer Grenadier Der Führer della divisione Das Reich, come rappresaglia per l’uccisione di un loro
ufficiale, fece un rastrellamento entro i confini geografici del villaggio e ordinò a tutti gli abitanti di radunarsi in un parco, apparentemente per controllare i documenti. Nel frattempo gli
uomini vennero portati in sei granai e uccisi a colpi di mitragliatrice. Le SS spararono alle gambe, secondo le testimonianze dei sopravvissuti, in modo da prolungare l’agonia, poi bruciarono i
granai. Morirono 197 persone, solo cinque si salvarono. Quindi i nazisti entrarono nella chiesa dove avevano radunato 240 donne e 205 bambini: prima fecero esplodere un ordigno, poi spararono
all’impazzata con le mitragliatrici. Solo una donna sopravvisse, in tutto morirono 642 persone. Nella notte il resto del paesino venne incendiato e raso al suolo». Oradour non è più stato
ricostruito: da allora quelle macerie e le lamiere contorte e arrugginite sono uno dei tanti tristi moniti alla crudeltà umana. Centinaia di lapidi ricordano le vittime innocenti nel
“villaggio-martire”. Una è dedicata alla famiglia padovana. La foto della madre Lucia Zoccarato (indicata con il cognome del marito, Miozzo) è circondata da quelle dei sette figli morti quel
giorno: Bruno, Antonio, Armando, Luigi, Anna Teresa, Marcello e Giovanni. Appena tre i superstiti, perché probabilmente lontani dal villaggio: il marito Giuseppe Antonio Miozzo, che in
seguito tornò a San Giorgio delle Pertiche, con le figlie Ofelia (nata nel 1922 a San Giorgio delle Pertiche e morta nel 1973) e Angela. «Stiamo cercando di capire come si salvarono dall’eccidio»
aggiunge Quattrina «e come hanno vissuto dopo questa tragedia. Con il documentario «Il fuoco sopra gli angeli» vogliamo raccontare una storia di emigrazione e di guerra, che purtroppo accomuna
tanti nostri connazionali. Abbiamo intervistato un sopravvissuto alla strage che si ricordava di questa numerosa famiglia italiana. Nell’anniversario della strage, lo scorso 10 giugno, per la
prima volta abbiamo deposto al cimitero di Oradour una corona di fiori con la bandiera italiana di fronte alle autorità francesi. È giusto ricordare questa gente, la nostra gente». Chi ha
informazioni utili può telefonare al 339/4818709 oppure scrivere a storiavivaitalia@libero.it e visitare il sito www.oradoursurglane.jimdo.com.
642 le persone uccise nel 1944 nella Strage perpetrata delle SS a Oradour-sur-Glane
Gli italiani morti nella «Marzabotto» francese
Clea, Lucia e i 7 ragazzi trucidati dai nazisti
Tra le vittime cui almeno 9 italiani. Nomi dimenticati. Che adesso Procura militare di Roma vuole identificare
Oradour-sur-Glane: il 10 giugno 1944 i nazisti uccisero 642 persone. Da allora il villaggio non è stato più abitato. E rappresenta una sorta di monumento
alla memoria
Italiani uccisi nel corso di un efferato eccidio nazista, a Oradour-sur-Glane, vicino Limoges, nel Sud-Ovest della Francia. Tra le vittime una donna, Lucia Zoccarato, e sette dei suoi nove
figli: Bruno, Antonio, Armando, Luigi, Anna Teresa, Marcello e Giovanni. Poi un’altra donna: Clea Lusina, figlia di un antifascista fuoriuscito. Le altre due figlie di Lucia - Orfelia e
Angela - si salvarono perché quella mattina del 10 giugno 1944 - quattro giorni prima gli Alleati erano sbarcati nella non lontana Normandia - stavano lavorando lontano dal borgo. Anche il
marito di Lucia, Giuseppe Antonio Miozzo, sfuggì alla morte. Era un carabiniere, venne preso prigioniero dai tedeschi dopo l’8 settembre. Si rifiutò di aderire alla Rsi. Per questo rimase
internato in Germania sino alla fine della guerra. Solo allora seppe della sorte della sua famiglia. Inghiottita in quella strage feroce in cui perirono 642 persone. Donne, bambini, anziani.
Una mattanza. Trucidati da raffiche di mitragliatrice come davanti a un plotone di esecuzione. Dilaniati da granate esplose dentro una chiesta, dove a centinaia avevano cercato la speranza di
un inutile riparo.
Da sinistra, Lucia Zoccarato, suo marito Giuseppe Antonio Miozzo, e
Clea LusinaCONDANNATI IN FRANCIA - Per la strage vennero processati in Francia, nel 1953, una ventina di imputati, tra militari tedeschi e alsaziani
arruolati nelle SS: vi furono due condanne a morte, 12 ai lavori forzati, 6 condanne a pene detentive e una assoluzione, ma una successiva amnistia commutò le esecuzioni e permise la
scarcerazione degli altri condannati. Le indagini sono state riaperte di recente anche in Germania e, la scorsa settimana, la procura di Dortmund ha incriminato un ex militare tedesco di 88
anni. Ma adesso c’è pure un’inchiesta avviata dalla Procura militare di Roma che vuole accertare identità e numero delle vittime italiane coinvolte nell’eccidio. Un modo - è l’obiettivo del
procuratore Marco De Paolis - per ridare un nome, un cognome e giustizia a degli italiani dimenticati, vittime del nazismo.
Quelle vittime italiane
della strage nazista
LA RICERCHE DEL DOCUMENTARISTA ITALIANO - Un fascicolo aperto anche dopo il poderoso lavoro di ricostruzione storica condotto da Mario Vittorio Quattrina, scrittore, regista e
autore di numerosi documentari storici per la Rai. E’ lui ad aver ricostruito la saga dolente di questa famiglia emigrata in Francia da Padova nel 1927 con i primi tre figli. E appunto: lei,
Lucia, nata a Campodarsego il 25 luglio 1904. Lui, Giuseppe Antonio Miozzo,ex carabiniere, poi manovale Oltralpe. E richiamato nell’Arma allo scoppio della guerra.
MUSEO A CIELO APERTO - Oradour-sur-Glane oggi è qualcosa di molto simile a un museo a cielo aperto. Dopo quell’eccidio nessuno volle tornare ad abitare in quel posto maledetto.
Il villaggio non è più stato ricostruito: case diroccate, i segni delle pallottole sui muri pericolanti, tutto è rimasto come allora. In più, come in una specie di Spoon River che testimonia
l’atrocità di quel giorno, ci sono centinaia di lapidi. Quelle toccate con mano lo scorso 4 settembre dal presidente tedesco Joachim Gauck - il primo leader tedesco a compiere un gesto del
genere - che visitò il villaggio per rendere omaggio alle vittime, assieme a un sopravvissuto e al presidente francese Francois Holland.
LE SS INCRIMINATE - «Incriminati della strage furono le SS del reggimento «Der Fuhrer» della divisione corazzata «Das reich» che in quei giorni - ricorda Quattrina, autore di una
ricerca sui militari italiani coinvolti nei fatti bellici in Normandia - subì, in concomitanza con l’apertura del nuovo fronte francese, diversi attacchi da parte dei partigiani. In uno di
questi venne rapito e ucciso un ufficiale. La sua morte venne scoperta il 9 giugno e, subito, scattò la rappresaglia. Il primo paese che si trovava sulla strada delle SS era appunto
Oradour-sur-Glane, vicino a Limoges, nel sudovest della Francia.
LA STRAGE - I nazisti fecero un rastrellamento, ordinarono agli abitanti di radunarsi nella piazza, parlando di un «controllo di documenti». Invece gli uomini vennero condotti in
alcuni granai e trucidati a colpi di mitragliatrice, mentre donne e bambini furono arsi vivi all’interno di una chiesa che prese fuoco dopo l’esplosione di alcune bombe. «Presumibilmente
Lucia morì nella chiesta - racconta Quattrina che presenterà il suo documentario « totalmente autofinanziato» il 25 aprile - assieme ai figli». Di lei e dei suoi figli, c restano le foto
esposte in una lapide a Oradour.
14 gennaio 2014
Gli italiani morti nella «Marzabotto» franceseClea, Lucia e i 7 ragazzi trucidati dai nazisti
SAN GIORGIO DELLE PERTICHE. Domani mattina un drone, un mini elicottero che monta una telecamera sorvolerà il paese per le prime riprese del documentario «Gli angeli sopra Oradour» del regista
veronese Mauro Vittorio Quattrina. Oradour-Sur-Glane è la cittadina francese teatro di un eccidio nazista nel giugno 1944: in poche ore vennero trucidate 642 persone, in gran parte donne e
bambini. Fra loro Lucia Zoccarato, uccisa insieme a 7 dei suoi 9 figli. (nella foto la loro tomba). Una drammatica storia di emigrazione e guerra che parte da Cavino, dove Lucia visse
con il marito Giuseppe Antonio Miozzo ed ebbe i primi figli, fino al 1927, anno della partenza per la Francia. Dopo l’appello lanciato dalle pagine del Mattino dal regista, alla ricerca di
notizie su questa vicenda, proprio da San Giorgio delle Pertiche sono arrivate testimonianze utili per ricostruire la storia di questa famiglia. «Mio padre ha subito riconosciuto la foto di
Miozzo», racconta Davide Scapin, assessore alla cultura, «si ricordava di quest’uomo che si era risposato dopo essere tornato dalla Francia. Abbiamo interrogato altri anziani del paese mentre
l’esperto di storia locale Bruno Caon, aiutato da Ottorino Salviato che ha girato il paese in bici di casa in casa, ha ricostruito le vicende familiari rintracciando i parenti. Lucia e Antonio
abitavano in via Brigatei, dove c’è ancora il rudere della casa. Qui nacquero i primi figli, prima che la coppia emigrasse in Francia. Nei giorni della strage Miozzo era in un campo di prigionia
in Germania perché, nonostante avesse 9 figli, era tornato a combattere come volontario. Dopo la guerra rientrò a San Giorgio e si risposò con Mercedes, titolare di una merceria, ma non ebbe
altri figli. Abbiamo intenzione di intitolare una strada a Lucia Zoccarato e ai suoi 7 figli», conclude Scapin, «siamo stati in Regione dal vice presidente Marino Zorzato per chiedere un sostegno
per la realizzazione del documentario e la ricostruzione di questa storia dimenticata». Domani per consentire le riprese la strada principale, via Roma, sarà chiusa al traffico dalle 8.30 alle
11.30. Quindi le telecamere si sposteranno a Cavino e in via Brigatei, di fronte alla vecchia casa abbandonata.
Nicola Stievano
La justice italienne ouvre une enquête sur le massacre d'Oradour
Parmi les victimes de ce massacre du 10 juin 1944, figuraient Lucia Zoccarato et ses sept enfants (450 femmes et enfants ont au total été méthodiquement tuées dans ce village)
: Bruno, Antonio, Armando, Luigi, Anna Teresa, Marcello et Giovanni.
CB/avec AFP
Publié le 16/01/2014 | 08:34, mis à jour le 16/01/2014 | 17:32
Originaires de San Giorgio delle Pertiche, dans la région de Padoue (nord), Lucia et son mari, Giuseppe Antonio Miozzo, avaient émigré en France en 1927, avec leurs trois premiers
enfants.
En 1940, Giuseppe Antonio Miozzo avait été rappelé en Italie pour combattre en tant que soldat, avant d'être déporté en 1943 en Allemagne pour avoir refusé d'adhérer à l'Etat
fasciste.
Ce n'est qu'en 1948, de retour de camp, qu'il apprit le massacre de sa famille, dont les seuls survivants furent ses filles Ofelia et Angelina. Leurs descendants vivent toujours en
France.
Un magistrat italien, Marco de Paolis, connu pour avoir fait condamner des dizaines de criminels de guerre allemands, confirme cette initiative à l'AFP. "L'enquête est à son début, elle ne
sera pas facile, mais nous ferons tout notre possible" a-t-il notamment déclaré. Pour mémoire, rappelons que la semaine dernière, un Allemand de 88 ans avait été inculpé par le parquet
de Dortmund (Allemagne) pour sa participation présumée au massacre d'Oradour-sur-Glane dans lequel 642 personnes ont été tuées.
Voici un extrait de l'article publié par le quotidien "Corriere de la Serra" avec les photos de Lucia Zoccarato et de son mari Giuseppe Antonio
Miozzo:
reportage: Emmanuel Denanot, Henri Simonet, Alain Lafeuille
Intervenant:
IL 10 GIUGNO 1944
Oradour, otto italiani tra le vittime
Un film per non dimenticare
Il massacro compiuto dalle SS in Francia 70 anni fa. Lucia Zoccarato e sette
dei suoi nove figli furono uccisi davanti alla chiesa. L’iniziativa di Mauro Quattrina
Oradour-sur-Glane oggi: il paese è stato lasciato in rovina come
testimonianza perenne della ferocia nazista
shadow
Soltanto quattro giorni dopo lo sbarco in Normandia, quando la Francia cominciava a intravvedere la liberazione dall’incubo nazista, le SS si resero protagoniste di uno spaventoso
massacro. Era il 10 giugno 1944, a Oradour-sur-Glane, nel cuore della Francia, regione del Limousine.
LA VENDETTA - Dopo lo sbarco , i partigiani francesi cominciano a sabotare ponti, scali ferroviari, pali telegrafici, ogni varco possibile, al fine
di impedire ai tedeschi l’invio delle loro truppe in direzione della Normandia. Gli attacchi colpiscono anche la seconda divisione corazzata delle SS, la Das Reich, e l’obiettivo è in parte raggiunto: solo il 23 giugno la divisione raggiungerà la Normandia. Il 9 giugno del ’44, Helmut Kampfe, comandante del
terzo battaglione della Das Reich viene rapito e ucciso dai partigiani. Quando le SS lo vengono a sapere, organizzano una rappresaglia. Gli uomini del villaggio di Oradour-sur-Glane sono
fermati per un controllo. Ma è una menzogna. In seguito, all’interno di alcuni granai, 197 di loro troveranno la morte. Molto lenta. Feriti alle gambe e poi bruciati vivi. Solo cinque
riusciranno a fuggire.
IL MASSACRO - Donne e bambini intanto sono rinchiusi nella chiesa di Oradour. I soldati del 4° reggimento Panzer Grenadier Der Führer provocano una esplosione davanti all’altare della chiesa. Dopo lo scoppio, 240 donne con i loro 205 bambini proveranno a fuggire. Fuori ci sono le
mitragliatrici. E’ la fine. Si salva soltanto una donna. E altre due ragazze, Orfelia e Angela. Queste ultime, per fortuna, non si trovavano all’interno della chiesa, insieme ai loro
sette fratelli e alla mamma, Lucia Zoccarato, moglie di Giuseppe Antonio Miozzo. Già, nomi e cognomi italianissimi nel «villaggio martire» del massacro francese.
ALLA RICERCA DELLA VERITA’ - E qui entra in scena Mauro Vittorio Quattrina, un regista veronese, il quale ha finito di montare in questi giorni
Il fuoco sopra gli angeli, il film (qui il trailer
in anteprima per il Corriere della Sera) dedicato alla memoria della Zoccarato e dei suoi sette figli. Il marito, Miozzo, ex carabiniere, in
Italia dopo l’8 settembre del ‘43, si era rifiutato di aderire alla Repubblica di Salò ed era stato internato in un campo di concentramento: cosa che, probabilmente, gli salvò la vita.
«Dopo essermi occupato dello sbarco in Normandia (D-Day. Noi italiani c’eravamo, ndr), ho trovato delle tracce di una divisione tedesca nel
centro-sud della Francia, diretta in Normandia: erano gli assassini della nostra Lucia e dei suoi sette figli», racconta il regista, il quale è riuscito a far riaprire, dal procuratore
del tribunale militare Marco de Paolis, un caso che si pensava fosse solo e soltanto francese. Nel ’53, il tribunale di Bordeaux aveva condannato una ventina di persone, ma
successivamente un’amnistia ha cancellato le condanne.
IL TRICOLORE PER LUCIA - Il fuoco sopra gli angeli, che sarà presentato in anteprima nazionale il prossimo
10 giugno, a San Giorgio delle Pertiche, nel Padovano - il paese dove ha abitato la Zoccarato, a due passi da Campodarsego, dove è nata la mamma martire italiana del massacro di Oradour,
prima di emigrare in Francia - è un film-inchiesta per provare a ridare dignità a una famiglia sterminata. «Il 10 giugno dello scorso anno, sono andato a Oradour in compagnia di mia
moglie, Grazia Pacella. Siamo entrati nel Municipio, dicendo che avremmo voluto onorare la memoria dei Miozzo-Zoccarato», ricorda Quattrina, che aggiunge: «Raggiunto il piazzale del
cimitero, dove è collocata una grande lapide con i nomi delle vittime, abbiamo deposto, tra centinaia di tricolori francesi, il tricolore italiano sui nomi degli italiani che ancora
risultano essere francesi».
LE TESTIMONIANZE - Scorrendo le immagini del film di Quattrina, sorprende il ricordo vivissimo dei testimoni oculari. Alla fine degli anni Venti,
moltissimi veneti partirono per gli Stati Uniti, in cerca di fortuna, facendo tappa a Bordeaux. Tra loro c’erano Lucia e suo marito Giuseppe Antonio, i quali decisero però di fermarsi a
Le Brandes, una fattoria all’interno del confine di Oradour. Per uno strano caso del destino, se avessero deciso di abitare soltanto cento metri più avanti, si sarebbero salvati. «Nel
paese, durante le riprese del film, abbiamo incontrato degli anziani che si ricordavano dei figli della Zoccarato, anche per dei motivi apparentemente futili, come il mangiare il lardo
crudo a colazione, prima di andare a scuola», aggiunge il regista. Renéé Pigner, un’amica dei figli di Lucia, ricorda: «Erano dei gran bravi ragazzi, degli ottimi vicini». Yves Perrin,
compagno di giochi di Bruno, uno dei figli, racconta di quando costruivano delle barchette e le portavano nel fiumiciattolo di Rue de Briac.
PER NON DIMENTICARE - Ma ciò che più colpisce è la testimonianza di Robert Hebras, sopravvissuto alla stage: «Ero amico dei ragazzi, andavamo a
scuola insieme, indossando il grembiule e degli enormi zoccoli di legno». Chiesa, campanile e un fiume a Oradour, come a Cavino, frazione di san Giorgio delle Pertiche, dove Lucia sposerà
nel 1923 il suo Giuseppe. Undici anni dopo sarà la fine di tutto. Ma non del ricordo, da perpetuare sia a Cavino - nella sala parrocchiale, il 2 giugno prossimo, alle 21 -, sia a San
Giorgio delle Pertiche – martedì 10, al Cinema Teatro Giardino. A settant’anni esatti dalla frase di un ufficiale tedesco rivolta agli abitanti di Oradour: «Oggi vedrete scorrere molto
sangue».
VERONA\ aise\ - L’Associazione Culturale Storia Viva presenta il documentario del regista Mauro Vittorio Quattrina "Il Fuoco sopra gli Angeli" in ricordo della strage di
Oradour-Sur-Glane (Francia).
"Nel 1944 – ricorda Grazia Pacella, presidente dell’associazione, in una lettera inviata alla Padovani nel Mondo per presentare l’iniziativa - i tedeschi, per una ancora oggi inspiegabile
rappresaglia, uccisero 642 persone del villaggio di Oradour-sur-Glane. Tutti civili, in larga parte donne e bambini. Il paese fu raso al suolo, bruciato e annientato. A ricordo di quella strage,
il paese di Oradour, immerso nella pace della campagna francese, (tanto che ospitò per la sua bellezza anche il pittore Monet) fu lasciato, come monumento a quel massacro, così come fu trovato
quel 10 giugno del 1944. All'interno della Chiesa furono rinchiusi oltre 350 fra donne e bambini, anche neonati. Furono uccisi tutti in modo brutale a colpi di bombe a mano e bruciati".
"Ma – prosegue - una sorpresa ha colpito il regista Mauro Vittorio Quattrina: in questa strage trovarono la morte Lucia Zoccarato e i suoi sette figli. Solo altri due, di questa numerosissima
famiglia, si salvarono. Lucia e suo marito Giuseppe Miozzo erano partiti nel 1927 da San Giorgio delle Pertiche per la Francia, come emigranti, in cerca di lavoro. Abitarono nella zona di Limoges
per poi trasferirsi come mezzadri ad Oradour-sur-Glane. Fra le tante anche la beffa che colpì la famiglia Zoccarato. Infatti le due figlie sopravvissute non presero, come la legge prevedeva,
nessun contributo da parte dello stato francese, in quanto la madre, pur considerata Martire della Francia, non ricevette nulla, tanto meno il governo tedesco non fece il suo dovere. Il padre
Giuseppe Miozzo, che prestò servizio come carabiniere nel 1922 con ferma triennale, nonostante i suoi nove figli, venne richiamato alle armi nel marzo del 1940. Il padre Miozzo si salvò perché,
dopo l'8 settembre 1943 non aderì alla Repubblica sociale di Mussolini e quindi venne deportato in Germania dai tedeschi".
Con il documentario "Il fuoco sopra gli angeli" l’associazione vuole "raccontare una storia incredibile di emigrazione e di guerra, mai racconta fino ad oggi e che coinvolge i nostri emigranti,
il nostro territorio, la nostra cultura".
Il procuratore militare De Paolis, della procura militare di Roma, ha aperto un'inchiesta sull'uccisione di alcuni italiani da parte dei nazisti in Francia nella Seconda guerra mondiale, grazie
agli studi e alle ricerche del regista Quattrina.
L’associazione sarà quindi presente alle commemorazioni del 70° anniversario della strage ad Oradour-sur-Glane "sia come Associazione, sia come regista che come Comune di San Giorgio delle
Pertiche (anche se il 25 ci saranno le elezioni comunali) e saremo ricevuti dal Presidente Hollande per la consegna del documentario".
La sera del 9 giugno verrà presentato il documentario nel paesino di Lesterps, dove ha vissuto la famiglia Miozzo/Zoccarato e dove l’associazione ha raccolto le testimonianze della gente che li
ricorda. (aise)
Il y a 70 ans, 642 personnes périssaient lors du massacre d’Oradour-sur-Glane
Alors que le 70e anniversaire du massacre d’Oradour est commémoré aujourd’hui, Lesterps projetait hier un documentaire sur la tragédie Le regard d’un réalisateur italien.
"Imaginez les cris, les hurlements... La cloche qui tombe avec un bruit sourd." A la veille du 70e anniversaire du massacre d’Oradour-sur-Glane, le documentaire projeté hier soir à
Lesterps a trouvé un écho particulier. "10 juin 1944, le feu sur les anges", c’est le titre de cette réalisation italienne qui a été présentée pour la première fois en France.
Historien et documentariste, Mauro Vittorio Quattrina s’est intéressé à la famille Miozzo. Des Italiens qui s’étaient installés à Oradour-sur-Glane en 1927. Giuseppe le père a été contraint de
rejoindre l’Italie en 1940, puis déporté. Quatre ans plus tard, sa femme Lucia et sept de ses enfants ont péri sous le feu de la division SS Das Reich.
La tragédie d’Oradour n’est que très peu connue en Italie. Mauro Vittorio Quattrina en a lui-même entendu parler en réalisant en 2009 un documentaire sur le Débarquement. "Je me suis demandé
s’il n’y avait pas des Italiens dans ce village", raconte-t-il. Il a alors commencé à enquêter. Seuls des noms français figuraient sur la première liste des victimes qu’on lui a fournie. Des
noms français également sur le monument aux morts. Mais en y regardant de plus près, le réalisateur a découvert l’existence des Miozzo. "Il y avait aussi une autre Italienne dans le
village, précise-t-il. Elle s’appelait Lusina Clea."
Des témoignages et des images d’archives
C’est au fil de ses recherches qu’il est tombé sur Anne-Marie Troutaud. Elle est la petite-fille de Giuseppe et Lucia Miozzo. La fille d’Orfelia, qui a échappé au massacre avec l’une de ses
soeurs. Pour elle, ce documentaire c’est enfin l’occasion de connaître sa famille. "Je vis avec ça depuis toujours, confiait-elle, très émue avant la projection. On a toujours ignoré
ma famille. On a toujours fait comme s’ils n’existaient pas."
Mêlant des témoignages et des images d’archives, le film retrace la vie de cette famille. Mais fait aussi un parallèle avec le mouvement d’émigration des Italiens qui a précédé la guerre. Il a
été projeté en avant-première en Italie le 6 juin dernier, dans le village de San Georgio delle Pertiche d’où étaient originaires les Miozzo.
À une vingtaine de kilomètres d’Oradour-sur-Glane, Lesterps n’est pas étrangère au parcours de cette famille italienne. Angelina, la tante d’Anne-Marie Troutaud, est elle-même née dans cette
commune de Charente. Ici, des habitants se souviennent encore avoir joué avec les enfants Miozzo. Ils témoignent d’ailleurs dans le documentaire.
Hier, pour assister à la projection, une délégation d’Italiens de San Georgio delle Pertiche avait fait le déplacement. Aujourd’hui, elle se rendra avec le réalisateur aux commémorations du
massacre. Une journée qui débutera par une messe à 10h30. Le Premier ministre Manuel Vall est attendu sur place à 15h.
Valls à Oradour-sur-Glane aujourd'hui
Après François Hollande, qui a rendu hier en Corrèze hommage aux "99 pendus de Tulle", Manuel Valls saluera aujourd’hui la mémoire des 642 martyrs d’Oradour-sur-Glane, soixante-dix ans après
le massacre. Selon le programme communiqué par Matignon, le Premier ministre, accompagné par le secrétaire d’État aux Anciens combattants et à la Mémoire, Kader Arif, arrivera à 15 heures. Il
doit notamment se recueillir dans l’église en ruine où plus de 450 femmes et enfants furent brûlés vifs le 10 juin 1944 par les Waffen SS de la division blindée SS Das Reich. Séparés, les
hommes avaient été abattus dans des granges et le village entièrement incendié. Les investigations relancées outre-Rhin ont débouché en début d’année sur l’inculpation d’un Allemand de 88 ans
pour sa responsabilité dans ce qui restera comme la pire tuerie perpétrée sur le sol français par les troupes nazies. La justice italienne a également ouvert une enquête, une Italienne et ses
sept enfants figurant parmi les victimes.
Manuel Valls prononcera ensuite une allocution sur l’esplanade du mémorial, selon Claude Milord, le président de l’association des familles de martyrs d’Oradour. Pour clore sa visite, le chef
du gouvernement se rendra au Centre de la mémoire, à la fois musée et mémorial, érigé non loin des ruines. Avec Marcel Darthout, Robert Hébras, 88 ans, est l’un des deux derniers survivants
du massacre. Il ne cache pas son regret que François Hollande soit absent pour ces soixante-dix ans. Le Président s’était rendu en septembre 2013 à Oradour avec son homologue allemand,
Joachim Gauck.